La scintilla di Orio

Anno 1989: su "Ruoteclassiche" di maggio appare la foto del giovane Orio Ricci di Pavia accanto ad una scintillante DS che gli è stata regalata per la sua maturità; nel trafiletto che l'accompagna c'è l'appello per un incontro fra appassionati della Dea, per costituire un club ad essa dedicato. La circostanza mi rende curioso, alzo la cornetta del telefono e parlo con Orio: mi coinvolge il suo entusiasmo per questo contatto con un diessista di vecchia data e per di più possessore di una monofaro, una delle rare ancora circolanti in Italia a quel tempo, quasi non ci crede! Le sue domande sono un fiume in piena, m'informa che alcuni appassionati pisani stanno organizzando un incontro nel pressi di Marina di Pisa. Perdinci, un tiro di schioppo da casa mia! Ci vado, gli prometto.
L'appello è la circostanza che, più tardi, nella nostra storia sarebbe passata come "La scintilla di Orio"! Sì, ci vado: era il 4 giugno 1989, domenica. Ma la Monofaro - ferma da quasi otto anni in garage - mi tradisce: il radiatore è intasato di calcare e dopo qualche chilometro viaggia a... vapore! Impossibile portarla sul luogo del ritrovo, all'innesto dell'Autostrada del Mare con la via Aurelia. Sicché mi presento - atteso con bramosia sull'auto del Mito - più modestamente a bordo della mia GSA accompagnato da Lorenzo, undici anni. So già che ci saranno sette, otto appassionati: quando arrivo rimango sorpreso, pensavo di incontrarvi signori (e signore) ultracinquantenni, insomma della mia generazione o di quella di mio padre, che della Monofaro fu il primo proprietario nel '64, io ero un giovanotto a quel tempo. E invece no, sorpresa! Eccomi al cospetto di un manipolo di giovanotti e ragazze pressappoco ventenni, con sette Dee e tanto entusiasmo convenuti da Pavia, Milano, dintorni di Rimini, Arezzo, Pisa, Firenze: Leonardo e Daniele, Sergio Meoni e Francesco, Maurizio, Fabio, Antonio (titolare di una scintillante familiare, quant'è che non se ne vedeva una!?), oltre a Orio e allo scrivente con figlio Lorenzo. Intensa la delusione di Orio per la defaillance della Monofaro, nonostante lo stesso Lorenzo si affanni nel mostrare a tutti una piccola foto quadrata che immortala la Grande Assente. Più tardi si aggrega un maresciallo in pensione, testimone "anziano", assieme a me, dell'epoca d'oro della DS e derivate, oltre venti anni addietro.
Fra le Dee c'è la "quadricromica" di Leonardo che si ammanta di colori su colori pescati un po' qua un po' la dai rottamatori! Sebbene tutti abbiano qualcosa da dire della DS, sul gruppo domina la conoscenza di Maurizio Marini super munito di testi e cataloghi sulla storia della DS, della quale sembra sapere tutto per filo e per segno: potrebbe stare in cattedra! (Da alcuni dati che gli fornisco e da certi dettagli che egli rileva dalla foto mi sentenzia senza ombra di dubbio che la mia Dea è uscita dal Quai de Javel nel giugno del '63, nonostante sia stata immatricolata a Roma nel marzo dell'anno successivo.)
Riandando con la memoria a quel giorno, ricordo che ci facemmo subito sangue: come ci si fosse conosciuti da sempre. Si parlò di tutto, lì e a pranzo, dominanti i temi riguardanti i ricambi, le officine, l'opportunità di costituire un club specifico, soprattutto come tutelare l'immagine della vettura ormai senza più valore e censurata come auto dei giovani drogati, perseguitata dalla polizia (esempio eclatante: nel '78 stavo trattando, presso la succursale Citroën di Firenze, l'acquisto di una stupenda DS 23IE, una delle ultime, pareva nuova, per la cifra di tre milioni; quando proposi che mi fosse ritirata la monofaro - in buone condizioni, marciante, del tutto conservata originale - la risposta fu questa: «le tolgo mezzo milione dal prezzo, ma la sua la butta di notte nel primo fiume che trova!...»). L'incontro fu un appassionato scambiarsi informazioni, notizie, conoscenze, DS viste o sognate, di quelle in squallido abbandono nei cimiteri d'auto dei rottamatori...
E fu apprendere l'esistenza di un punto di aggregazione attorno a Moreno Lotierzo, Granarolo-BO, che nei dintorni di Savona si era svolto una specie di raduno, che un altro era in programma a Pavia per la fine del mese, pomposamente etichettato "4° raduno internazionale DS"! Per finire scambio di indirizzi, numeri di telefono e, in chiusura, visita da parte di Maurizio e Fabio al mio garage per ammirare dal vero la Monofaro in silente riposo. Mai vista dal vero un'altra prima d'ora, entusiasmi alle stelle!
Sulle ali di cotanto entusiasmo seguirono la nutrita partecipazione al raduno a Pavia (25 giugno) e lungo le rive del Ticino (organizzato da Orio Ricci ed Emanuele Filippini, occasione per scoprire una parte significativa del composito universo dei diessisti anni Novanta e conoscere decine di nuovi appassionati, alcuni dei quali diverranno capisaldi del nuovo universo déesse); quasi tutti ci iscrivemmo allo "Squalo Club" di Moreno, una libera congrega di appassionati. A seguire il primo megaraduno a Verona e lago di Garda (ad opera dello stesso Emanuele e di Marco Centomo, con la presenza di circa centocinquanta equipaggi!), il 24 settembre. Pochi giorni prima, il 9, si era svolto un incontro fra diessisti toscani ed emiliani in quel di Sasso Marconi e Bologna per visionare una originale monofaro di fabbricazione inglese, guida a destra, e cominciare a parlare in modo serioso con Moreno di club legalmente costituito, di giornalino, di ricambistica...

Dalla teoria alla pratica

Ed eccoci alla domenica 3 dicembre dello stesso 1989, ristorante/hotel Moderno al Saltino di Vallombrosa, località posta a mille metri di altitudine sui monti del Pratomagno scelta dal gruppo toscano per far ruzzolare le ruote delle loro Dee su strade di montagna e sviluppare, attorno ad una tavola lautamente imbandita, accalorati da un grande camino scoppiettante, le idee associative già preconizzate. Sei gli equipaggi su DS: oltre lo scrivente furono presenti Maurizio Marini, Antonio Romeo, Alessio Gironi, Saverio Rossi, Sergio Meoni con Francesco Ughi, non mancò Leonardo Antonelli.
Senza che ce ne fossimo resi conto, a fin del desco ci trovammo ad aver in mano la decisione unanime a procedere per la costituzione legale di un club nazionale fra appassionati DS; a tal proposito avevamo stabilito alcuni capisaldi e nominato un Comitato promotore (costituito da Antonelli, Cerreti, Marini, Romeo e Saverio Rossi) cui spettò il compito di presentare una proposta per la specifica assemblea costitutiva.
Ecco, la frittata - frutto appassionato dei nostri entusiasmi - era fatta, la strada aperta!
Nel convincimento che gli altri ci avrebbero seguiti...
In poco più di due mesi il Comitato, al quale si era aggregato il bancario Marco Gulli, definì il nome dell'associazione ed il logo sociale - "IDéeSse Club", derivato dalla fusione di Idée (ID) e Déesse (DS): intuizione geniale scaturita in una pizzera di Laterina, AR, allo scoccare della mezzanotte del 16 dicembre - e il menabò del da farsi. Redasse la proposta di statuto, convocò e pubblicizzò l'Assemblea costitutiva che si svolse l'11 febbraio del '90 nel sontuoso ambiente moresco del Castello di Sammezzano, Valdarno fiorentino. Presenti una cinquantina di appassionati, la maggior parte annoverata da subito nel Libro soci in qualità di fondatori. Lo Statuto fissa le finalità dell'associazione: curare l'immagine, la conoscenza, il censimento e la classificazione tecnica, nonché la conservazione e il restauro delle ID, D e DS; reperire, custodire e diffondere la documentazione storica, tecnica e iconografica inerente le suddette vetture; organizzare e patrocinare raduni e manifestazioni ad esse riservati; attivare rapporti di collaborazione, informazione e scambio fra gli appassionati, i club e le associazioni di settore; favorire il reperimento della ricambistica e l'assistenza tecnica per le vetture dei Soci.
Allo scopo, fu subito attivata la sezione operativa concernente il Centro di documentazione storica e tecnica.

«Per affinità di idee e di intenti, per passione irrinunciabile, per l'amicizia che è venuta a cementare questa e quella, per la comune esigenza di avere riferimenti certi», il 5 marzo successivo seguì l'atto formale per la legale costituzione del Club a rogito del notaio Ghinassi in Firenze: firmatari Leonardo Antonelli, Luciano Casini (per O.A. Citroën L.P.), Sergio Cerreti, Camillo Cotti, Marco Gulli, Maurizio Marini che formarono il primo Consiglio di Amministrazione. Presidente Cerreti, Vice-presidente Cotti, Segretario Marini. Sede legale in Sesto Fiorentino, FI, presso l'abitazione del Presidente. Il colore sociale fissato nel rosso con logo e scritte in bianco, allo stesso modo della casa madre.
 Il 20 maggio, sempre nella cornice del Castello di Sammezzano (nel frattempo assurto a sede di rappresentanza grazie alla benevolenza del direttore Narciso Brunori), il nuovo Club fu ufficialmente presentato ai Soci e agli appassionati con la presenza qualificata di decine di Dee a corteggio.

Quattro pizze per il nome, una bufala per il logo
scritto da Sergio Cerreti per IDéeSse InForma n°25

Laterina, provincia di Arezzo, 16 dicembre 1989: venerdi sera da “Sergio”. Lì tre carbonari e un ragazzino confabulano, complottano, si arrovellano attorno alla “Creatura”.
Due di essi fanno parte del Comitato promotore del Club, scaturito tredici giorni prima all’Hotel Moderno del Saltino: Maurizio Marini e colui che scrive; il terzo figuro è di fresca iniziazione, giornalista e bancario, uomo di mondo insomma: è Marco Gulli, aretino; il ragazzino è Lorenzo, undici anni poco più, figlio dell’ignaro futuro Presidente della Creatura, quel Lorenzo che per anni fu la mascotte dell’associazione. Che fanno i quattro, le teste chine sul tavolo a ciacciare con penne e pezzi di carta fra un morso di pizza e l’altro? Semplice: cercano il nome della Creatura, anche il logo che ne sia l’immagine. E’ interessante rivisitare quegli schizzi per fortuna rimasti: c’è di tutto, ma sempre basato sul filo conduttore del sacro principio che nel nome siano presenti le sigle DS e ID, comunque le si vogliano leggere, in italiano o in francese. Finché prende consistenza “ID.eA.DS”, in due varianti: l’una con doppio accento circonflesso sulla A a simboleggiare il double-chevron Citroën, l’altra col double-chevron stilizzato in forma di A; e dai che Lorenzo si impegna a dare grafia alle sensazioni di quei momenti frenetici. In un bozzetto fra i più significativi appare già la ellisse a simboleggiare l’unione dei tre simboli base: ID, DS e Double-chevron.
Ma ad un tratto scocca il lampo di genio! E se si coniugasse Idée con Déesse? E’ fatta! Dalla loro fusione, attorno alla mezzanotte - ora canonica per i delitti perfetti - nasce il nome: IDéeSse, raffinato, intellettuale, per iniziati. (Giorni dopo si apprese che nessun richiamo a Citroën né al double-chevron ci era consentito, “mamma non vuole”. Così ci aveva fatto sapere Cotti, allora ispettore di zona Citroën per la Toscana, che guardava con occhio vigile ma bonario alla nostra iniziativa, tant’è che poco più tardi vi rimase incastrato anche lui! Privativa ed esclusività, ci fu detto; eppoi, chi eravamo noi sparuti scalzabubboli che si voleva rilanciare un mito che offusca anche le auto contemporanee, figlie di un mercato appiattito e globale? Qualcuno, in Gattamelata, aveva persino sentenziato: «Gli appassionati DS non compreranno mai una Citroën moderna»).
Ma a Laterina era rimasta aperta la questione del logo, una briga per Marini aduso ad immergersi in tutto ciò che fosse scritto o documentato sulla Dea, alla ricerca dell’ispirazione. Qualche giorno più tardi fui in quel di Arezzo per sottoporre la mia ID ad una messa a punto generale da parte del bravo Santini, un mago in materia. C’era Marini, che mi mostrò una piccola stampa in rosso, accattivante: rappresentava il davanti di una monofaro, grafia stilizzata in chiaroscuro con tagli netti, mi piacque. Andammo nel suo studio, dove mi mostrò l’originale nel quale figurava la macchina inclinata verso l’alto a sovrapporsi alla scritta RAI 1963: a suo dire, quasi trent’anni prima la nostra TV aveva utilizzato quella immagine per l’Eurovisione... La DS aveva colpito anche lì, il fatto era davvero esaltante! Lavorando su AutoCAD, in breve Marini sostituì la scritta d’origine con il nome prescelto per il Club, circoscrivendo il tutto nell’ellisse dell’antico logo Citroën posto in orizzontale e adottando il rosso e il bianco in sintonia con i colori ufficiali della Casa (ci sfuggì che il tempo della DS era stato scandito dal blu e dal bianco...): ne scaturì una immagine forte e immediata, intricante, irreale al punto di fare molto “ancien-Citroën” tipo Triennale di Milano 1957. Intanto si avvicinava l’11 febbraio 1990, giorno prescelto per l’Assemblea costitutiva del Club: urgeva presentare il logo ufficiale ma Marini non disponeva del plotter per la sua stampa nella versione definitiva, così com’è oggi. Toccò a me darne una rappresentazione grafica artigiana, disegnato a mano in bianco e nero con la DS ch’era monofaro da un lato e doppiofaro dall’altro a sintetizzare le due anime della vettura. Fu il logo, che ci accompagnò per alcuni mesi, fino all’arrivo di quello vero, bello e affascinante, riprodotto sulle tessere plastificate ...
La nostra storiella parrebbe conclusa. Invece no, mesi più tardi il buon Marini si presentò in Consiglio con aria mogia: «Vi ho dato una bufala!» spiegò a noi esterrefatti ma divertiti, fu un riderne a crepapelle: aveva scoperto che l’acronimo RAI scritto accanto all’immagine della Dea presa a nostro simbolo stava a significare - in olandese - “Reale Fiera di Amsterdam” o qualcosa di simile, la nostra TV nazionale non c’entrava un tubo! Santa fantasia, gigioneria e mitomania del Marini! Comunque grazie lo stesso, RAI, qualsiasi cosa tu fossi, e grazie Marini: ambedue per il prezioso contributo dato all’inconfondibile logo dell’IDéeSse Club.